Scelta etica
Gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare sensazioni, emozioni, sentimenti, come ben sanno tutti quelli di noi che ospitano in casa un cane o un gatto.
Una mucca non è molto diversa da un cane, da questo punto di vista. Né un maiale è diverso, è un essere intelligente, affettuoso, curioso.
Ma questi animali vengono invece trattati come cose: affinché l’attività di allevamenti, mangimifici, impianti di macellazione e catene di distribuzione risulti economicamente compatibile con i livelli produttivi richiesti dal mercato, è necessario che il prezzo di carne, latte e uova rimanga accessibile per il maggior numero possibile di consumatori.
Per essere sostenibile, la zootecnia chimica e intensiva deve quindi massimizzare i profitti basandosi sul ribasso delle spese.
Scelta ecologica
La metà delle terre fertili del pianeta viene usata per coltivare cereali, semi oleosi, foraggi, proteaginose, destinati agli animali. Per far fronte a questa immensa domanda – in continuo aumento, in quanto le popolazioni che tradizionalmente consumavano poca carne oggi iniziano a consumarne sempre di più – si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, il polmone verde del pianeta, per far spazio a nuovi pascoli o a nuovi terreni da coltivare per gli animali, che in breve tempo si desertificano, e si fa un uso smodato di prodotti chimici per cercare di ricavare raccolti sempre più abbondanti.
Scelta sociale
Secondo i dati della FAO del 2009, oltre un miliardo di individui nel mondo, un sesto dell’umanità, soffre la fame. Mentre queste persone non hanno cibo a sufficienza, un altro miliardo consuma carne in maniera smodata.
E’ questo il problema di fondo: lo squilibrio nella distribuzione delle risorse. L’attuale disponibilità di derrate alimentari potrebbe consentire a tutti gli abitanti del pianeta di assumere un numero sufficiente di calorie, proteine, e altri nutrienti necessari.
Le produzioni attuali di cereali e legumi sarebbero sufficienti a sfamare tutti, occorrerebbe solo consumare direttamente i vegetali, anziché usarli per nutrire gli animali, con un grave spreco e ridistribuire le risorse in modo equo.
Scelta salutistica
I pericoli per la salute umana che derivano dal consumo di alimenti di origine animale (carne, pesce, uova, latte e latticini) sono molti, non tutti evidenti e non tutti noti alla maggior parte delle persone, anche se negli ultimi tempi si è iniziato a parlarne.
Varie epidemie sono scoppiate, in tempi remoti e recenti, tra gli animali d’allevamento, portando con sé il serio pericolo (in alcuni casi diventato realtà) di contagio animale-uomo.
Gli animali negli allevamenti intensivi sono imbottiti di antibiotici e farmaci di vario genere, e i pesci pescati nei mari sono un concentrato delle sostanze tossiche di cui le acque sono oggi “ricche”.
Anche tralasciando tutti questi pericoli, rimane comunque il fatto che una dieta a base di alimenti di origine animale è inadatta all’organismo umano, e porta a tutte quelle malattie degenerative che costituiscono le prime cause di morte nei paesi ricchi.
Scelta economica
La responsabilità del proliferare degli allevamenti intensivi è anche del singolo consumatore: fino a pochi decenni fa la carne era un alimento di lusso mentre ora, solo grazie agli allevamenti intensivi, costa tanto poco da trovarsi sui piatti di tutte le famiglie a ogni pasto, o quasi. Tutti hanno accolto con favore questa diminuzione di prezzo, senza chiedersi che cosa ci fosse dietro.
Allo stesso tempo però, i consumatori pretendono garanzie di salubrità, senza rendersi conto che è impossibile coniugare qualità con produzioni così elevate. Nonostante tutti gli scandali che continuano a susseguirsi, si fa finta di non vedere, di non sapere che il problema deve essere risolto alla radice, eliminando l’allevamento intensivo e consumando quindi carne in quantità molto minore (meglio ancora, non consumandone affatto), pagandola a un prezzo più elevato.
Va contato inoltre, nel calcolo del reale costo della carne, quanto paghiamo in tasse sotto forma di sovvenzione pubblica agli allevatori, e quanto paghiamo in Sanità, in termini di malattie degenerative che potrebbero essere prevenute con una alimentazione priva (o contenente quantitativi molto piccoli) di prodotti animali.
Oggi in Occidente si spende di più in alimenti dimagranti che in cibo “normale”: il 30% della popolazione soffre di sovrappeso e ricorre ad alimenti dietetici, a base di prodotti chimici, commercializzati dalle stesse aziende che riforniscono gli allevamenti di farmaci e anabolizzanti.
Si è così creato un circolo vizioso per cui le persone si nutrono troppo e spendono molto per dimagrire, ad esclusivo vantaggio, per entrambi gli aspetti, dell’industria chimica.
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